mercoledì 25 dicembre 2013

La quercia rigogliosa

Una quercia robusta e rigogliosa era ammirata e ricercata da tutti gli abitanti della foresta: con i suoi ampi rami accoglieva gli uccelli e nei fori del suo tronco si riparavano gli scoiattoli, spesso coppie di fidanzati cercavano rifugio, sotto le sue fronde, dai pomeriggi assolati. Lei pensava: "Cosa mi manca? Sono grande, sono bella e rigogliosa, sono utile e amata dalle creature che mi circondano e, con la mia altezza sono più vicina al cielo così da poter ringraziare il Creatore di tanta beltà concessami". Un dì un fulmine si abbatté sulla sua alta chioma e ne bruciò un intero ramo imponente. Tutti gli uccelli volarono via in un soffio e le foglie caddero bruciate al suolo. "Non importa" pensò la quercia, "presto ricresceranno i rami e le foglie, così tutte le creature torneranno a riempire i miei rami: gli uccelli con il loro cinguettio e il loro battito d’ali, i daini verranno a grattare il loro palco sul mio tronco ed io ritroverò il mio antico splendore". Per suo grande stupore, non crebbero più rami lì dove il fulmine li aveva bruciati e le foglie della restante chioma, ingiallirono e caddero. "Che importa" pensò la quercia, "se in cinquant’anni sono diventata così imponente, in tutta la vita tornerò nella mia forma originaria". Ma così non fu, la fauna temeva di avvicinarsi all’albero, molti animali erano morti in quel funesto giorno di tempesta, e la quercia si trovò sola e deturpata. “Signore", implorò un giorno, "ma tu cosa vuoi da me? Perché hai permesso questo? Cosa te ne fai di un albero malandato e inutile?”. I giorni passavano e la quercia era sempre più triste, più sola e più malata. Quant’era dura per lei sentirsi inutile, tanto più che il ricordo dei tempi antichi la tormentava. "Io non sono quello che appaio, io sono viva!" gridava la quercia, ma nessuno l'udiva.... Un giorno, dopo tanto patire, scoprì alcune campanule ai suoi piedi e l’erba prese a crescere intorno alle sue radici, così gli animali vennero a pascere vicino a lei. L’edera l’avvolse e riempì i suoi rami spogli e il calore e la stretta di quella rampicante la fecero sentire bene. Gli anni passarono e ormai nessuno si accorgeva più che aveva perso un intero ramo con i suoi tralci, forse il più grande, anche se non il più bello. La quercia divenne sempre più forte, ma sempre più umile perché sapeva, dentro di sé, che tutta la selva che la circondava, tutta la l’edera che la riscaldava e così i fiori che le agghindavano le radici, non le appartenevano. D’inverno le foglie della rampicante seccavano e i fiori appassivano, ma in primavera...era uno spettacolo di colori! Le sue amiche querce erano sempre verdi e piene di foglie, lei in inverno mostrava i suoi nudi rami, ma in questo modo aveva imparato ad affrontare il freddo e la solitudine, aveva conosciuto l’attesa nella quale sapeva non perdere la speranza e tutto questo poté insegnarlo alle creature che non disdegnavano la su presenza.

mercoledì 4 dicembre 2013

Una goccia d'acqua

Tanto tempo fa, una goccia d’acqua di una cometa, si allontanò dalla scia ghiacciata e cominciò a vagare nello spazio. Lei aveva una meta: ritrovare la sua cometa! Così cercò per anni, senza mai dormire, quella scia luminosa piena di ricordi della sua meravigliosa infanzia ... gli amici, le feste e quel bagliore meraviglioso che la precedeva. Nel suo vagare si accorse che lo spazio, per lo più era vuoto e che ci volevano migliaia di anni luce per correre da un punto all’altro dell’universo nella speranza di scorgere una luce, una galassia, una meteora: lei non trovò altro che buio. Il tempo passava e la goccia d'acqua era sola, sempre più sola man mano che scopriva l’immensità dell’universo e i ricordi l’abbandonavano. Cominciò a sperare di essere inglobata nell’orbita di qualche stella o pianeta, avrebbe potuto essere parte di un anello di Saturno, o magari ghiaccio su Marte, o chissà, sarebbe evaporata sulla superficie incandescente di una stella. Ma non fu così, integra, circolare ... e solitaria si era persa nell’infinito! Le prese la disperazione, cominciò a temere di vagabondare per l’eternità nello spazio vuoto e buio, senza mai incontrare la fine. Disperò per migliaia di anni luce, senza mai trovare un suo simile, o magari qualcosa di diverso... e di quelle migliaia di anni sentiva il peso di ogni secondo e di tutti i secondi che sarebbero seguiti nella sua vita. Un giorno sentì che non era possibile andare avanti così... doveva cercare di dare un senso al suo esistere e smettere di pensare al niente cui sarebbe seguito altro niente. Così frenò il chiasso dei suoi pensieri e, nel silenzio, sentì un calore nel profondo del suo cuore e già…aveva vagato nel vuoto per tanti anni, senza mai ascoltare il suo cuore, che ora le parlava e la faceva sentire viva. Così si abbandonò a quel calore, quella sua piccola gravità che le permetteva di non disgregarsi in un mucchio di atomi. Pensò: io sono acqua e l‘acqua è il principio della vita, non importa se non lo saprà mai nessuno, se non potrò raccontarlo, né condividerlo, io sono viva e né la morte, né l’oscurità, la rabbia, la solitudine potranno
 negarlo: sono una goccia d’acqua nel deserto dello spazio e...sono certa che prima o poi, e non importa quando, incontrerò un pianeta, magari senza vita e lì porterò l’ossigeno e la vita potrà sussistere. E così fu, dopo milioni, anzi miliardi di anni, la goccia d’acqua cadde sulla terra e per una serie di circostanze fortuite, non evaporò, ma fu metabolizzata dai batteri e divenne ossigeno e quell’ossigeno profumò l’intero pianeta e rese stabile la vita. La speranza, che fu certezza, rese libera la goccia d’acqua dalle catene della paura che la tenevano sospesa e la lasciò approdare su un pianeta che si chiama Terra e dal calore di una singola goccia, si originò la vita.