martedì 10 maggio 2016

Fuoco

Fuoco dall'anima duplice, dai la vita e dissemini la morte, ami e divori, distruggi e riscaldi, crei e demolisci. Fuoco che non guardi l'esito del tuo passaggio, sensuale e rabbioso, nobile e brutale, fuoco che animi e poi annienti: decidi della sorte delle persone che ami e liberi dalle catene l'uomo malvagio. Fuoco che illumini e spegni i cuori portandoli alla resa. Fuoco benedetto e maledetto per l'eternità, senza scampo percorri la tua esistenza covando sotto le ceneri, divampando nell'aere altezzoso, mai sazio e pieno del tuo calore. Chi domerà le tue fiamme, chi curerà le tue ferite, chi dirimerà la tua anima inquieta, chi ti insegnerà l'Amore? Forse il vento lieve di primavera col suo docile respiro, forse le lacrime di chi ti ha amato o il sorriso di chi non teme la morte. Quando affiderai le tue fiamme bramose all'amore, quando cesserai di credere di essere il solo ad aver patito e di avere il diritto di essere infelice per la tua natura così virulenta. Eppure troverai chi amerà tanto il tuo calore, da stringere fra le braccia le tue fiamme e rimanerne illeso, troverai chi sorriderà dinanzi alle tue acrobazie quando sei euforico, o ti scoverà sotto le ceneri quando vorrai svanire. Toverai chi ti aspetta quando fuggi dalla fredda pioggia d'inverno o quando ti nascondi dall'esito della tua ira. Solo allora le tue fiamme si coloreranno di speranza: il loro calore è solo un attimo che puoi donare a chi ami per fargli sentire la tua presenza riflesso di un amore che, invece, sa di eternità.

sabato 9 aprile 2016

La felicità, linea di confine tra cielo e terra

La nebbia si dirada e lascia intravvedere la sagoma di un orizzonte non lontano, oltre le lacrime, rugiada sulle foglie a prima mattina, oltre il dolore, cobalteo abisso dello sconfinato Oceano, ombre e luci si stagliano nel vasto panorama di un nuovo giorno: il profumo di terra umida e idratata dalla lunga notte, il sole penetra la foschia e colora impunemente il cielo di primavera, al limite tra l'oscurità e la luce, l'aria s'impasta di chiaroscuri e il cuore si eleva perplesso fino all'Eterno: "Tu mi hai donato l'ombra per riconoscere la luce, le lacrime per assaporare la gioia, il dolore per amare la felicità, l'abisso per elevarmi, il limite per adorare Te, che sei l'immenso e da qui, in quest'orizzonte che divide e unisce resto attonito a chiederti di restare,  di accompagnarmi lungo questa lunga linea, in bilico fra terra e cielo, ma con il cuore stretto nelle tue grandi mani".

sabato 19 marzo 2016

La gioia è il sussurro di Dio

Dopo la tempesta, una lieve brezza, un alito di vento, un sussurro, sovrastano la natura devastata. Il cielo terso e striato da stralci di nuvole residue, si intiepidisce pervaso dai raggi di sole, che maestoso si erge all'orizzonte. Non c'è buio cui non segua la luce, pare affermare la calda stella imponente, non c'è ghiaccio che non possa trasformarsi in sorgente. E'così che gli alberi dischiudono i loro fiori, l'erba si rizza sulla calda terra e la dispinge di un verde novello, le timide farfalle volteggiano festose punteggiando il paesaggio di colori vivaci. E' così che arriva la gioia, silente, come un fiore che si apre alla vita, impercettibile come il battito d'ali di farfalla e lieve sfiora la terra come un fruscio di vento tiepido. Non puoi afferrarla senza soffocarla, non puoi guardarla, senza vederla sfumare, puoi solo sentirla, ascoltarla nel silenzio di un cuore devastato dalla tormenta e svuotato dalle macerie dell'impeto della burrasca, ripulito dalle onde che prepotenti irrompono senza una senso nè una direzione, portando con sè tutto quanto incontrano nel loro cammino. La gioia è un atto di fede, è un profumo soave, una breve stagione, un caldo abbraccio. Cedere al timore di perderla è già averla smarrita, contenere l'esuberanza della sua leggerezza è più difficle che cingere un'oncia di dolore. La gioia vuole un cuore puro, capace di contemplarla, senza esserne sopraffatto, un cuore sincero che sappia riconoscerla e scovarla nelle piccole cose. Un cuore semplice è un cuore capace di gioia, un cuore umile ne conosce il significato, un cuore folle può vivere un vita nell'attesa di incontrarla ed un cuore grato è capace di accettare il rischio di perderla, perchè averla incontrata anche una sola volta nell'arco di un'intera vita, è sufficiente per comprendere l'esistenza di un cielo, che accoglie la nostra miseria e, nel suo immenso amore, annega il dolore nel suo palpito infinito.

mercoledì 2 marzo 2016

Luisa corre

Luisa corre, tutti i giorni, nel parco alla periferia della sua città, forse è più giusto dire che Luisa scappa, ogni giorno Luisa scappa dai suoi ricordi, fa uno sforzo magistrale per lasciarsi alle spalle il peso del giorno che ha preceduto la notte. Prima che i pensieri l'assalgano indossa le sue scarpette, prima del caffè, prima della colazione, quando è ancora nel dormiveglia. Allora scende le scale di corsa, indossa le sue cuffie e comincia a correre. Guarda avanti Luisa e si allontana dal passato che non si stanca mai di seguirla. Ma Luisa è forte e corre più veloce. Luisa non ha paura, Luisa è sola, veramente sola - Come ogni uomo d’altronde, come ognuno di noi sarà nell'ultimo istante della sua vita - pensa. Luisa è coraggiosa e non accetta compromessi, è fiera. Un giorno Luisa cade, scivola sulle scale di casa, stupidamente proprio mentre si accinge alla sua corsa mattutina. Luisa è sola e non ha con sé il cellulare, sente dolore alla caviglia e si trascina verso casa. Luisa non può più correre per almeno quaranta giorni. Luisa non è più fiera, sente che non potrà fuggire al suo dolore, questa volta deve attraversarlo, se non vuole farsi ingurgitare dalle sue spire, deve lasciare che questi l'afferri, e, leggera come una piuma, deve lasciarsi trasportare dove questi la conduce. Luisa ha paura, e si sente umiliata dalla sua inabilità. E' mattina, il primo giorno senza la sua corsa, Luisa apre gli occhi, fa per mettere il piede a terra e sente il rumore del gesso sul pavimento, così ricorda che oggi non potrà correre. Si dirige in cucina con le stampelle e prepara il caffè, tutto è così pesante, la sua gamba, i suoi pensieri, la sua colazione. Luisa chiude gli occhi e lascia che tutto accada, una lacrima scivola sulle sue guance, e un'altra ancora - Forza, Luisa, respira, che vuoi che sia, ogni mattina fai chilometri di corsa, prenditi il tempo per riposare - prova, così, a consolarsi. Una morsa le stringe lo stomaco. Luisa non si riconosce, dove il suo orgoglio, dove la sua forza, dove il coraggio...Bussano alla porta, è la sua vicina, ha saputo che è caduta e le ha portato qualcosa per il pranzo. Al telefono il suo capo le chiede come stia. Il suo papà, nel pomeriggio, passa a trovarla e trascorre un po' di tempo con lei...Luisa è felice. Pensava di essere sola, invisibile, invincibile, ma quando è stata sconfitta da quello che non poteva controllare, ha sentito la carezza del suo Dio, nelle piccole cose, nell'invisibilità del dono di sé. Luisa è felice, inabile, bloccata, impotente e … innamorata si abbandona alle carezze del suo Creatore.

lunedì 29 febbraio 2016

Il fascino della verità

La verità è entrata nel mio cuore col suo volto limpido, con la sua voce soave, con i suoi colori vibranti, mi ha sedotto e ora non posso fare a meno di cercarla e di sperimentare le sue mille sfumature. Mi travolge la gioia della sua scoperta, l'ansia della sua ricerca, il dolore delle sue sconfitte, anche la sofferenza pare dolce alla luce della Verità. Pare un prezzo giusto per chi la ama, il fio della sofferenza. Lei penetra dentro di te, dal silenzio arriva e con un fragore esplode nel tuo cuore. Dapprima ti rende fiero, audace, come un soldato che ostenta il suo stendardo, poi ti forgia, come il vento che modella le pietre, infine ti fa suo, tutto, sempre. Non è mai tua, ne hai fame e sete, perchè quando ti pare di averla raggiunta, ti sfiora e fugge via, legandoti a lei con un cordone invisibile, ma sempre più spesso. Come un amante ti nutre e ti affama allo stesso tempo. Sinuosa volteggia innanzi ai tuoi occhi, ti inebria del suo profumo e quando ti manca senti il dolore della sua assenza. Così piano piano il sentimento nei suoi confronti cambia, ti senti schiavo d'amore, piccolo e inerme, le chiedi di darti un po’ di tempo per pensare, vuoi provare ad essere libero, senza di lei. Dapprincipio ti senti più lieve, poi risale come un’eco dalla parte più profonda di te, è il suo profumo, è il ricordo delle emozioni e dei bei momenti trascorsi insieme, a combattere, come soldati, e capisci che non puoi lasciarla andare, che non puoi tornare indietro, che lei ti ha cambiato e non sei più quello di prima, che non avresti dovuto lasciarti sedurre dapprincipio, che ora negarla significa rinnegare te stesso, significa soffocare la tua anima, non riuscire a darle voce. Il tuo cuore geme, perchè non trova più le parole e tu sei lì sospeso, tra il desiderio della resa, il non volerti sentire schiavo. Desideri una vita serena, senza i toni accesi dell'osservare l'ingiustizia e il sopruso, vorresti vivere di illusioni e accettare per vero quello che ti danno da credere. Implori, "Signore donami di vivere nel mondo, ridammi la mia libertà!”. Ma poi, stare lontano da quanto ti chiede di lottare, non è più una liberazione, ti senti snaturato, sì, perchè la tua natura non è più quella di prima di incontrarla, tu sei lì, la parte migliore di te è nell'incontro con la tua amata e rinnegarla significa, perderersi, perdere quella parte di te che tutta si è donata. Né con lei, nè senza di lei. Così dichiari la tua resa, ti abbandoni alla tua amata, non prima di aver pregato iddio di partarti via dal tuo tormento, prendendosi la tua vita. Umile e sconfitto dall'amore, smetti di resisterle. Sai che soffrirai ancora e ancora, ma sai anche che senza di lei è morte comunque. Così fai della verità il tuo vessillo, il tuo scudo. Solo in questo trovi la pace, nella quiete dell'abbandono, perchè la Verità trascende l'individuo fragile e corrotto, la verità entra nel mondo quando il cielo si squarcia nei lampi, la Verità è sinuosa, scende verso il basso e spinge verso l'alto, non puoi mai afferrarla, la Verità è tanta e troppa, la si può solo amare.

mercoledì 24 febbraio 2016

Danza di primavera

All'alba di un giorno di primavera il sole si alzò nel cielo radioso come non mai e felice di scaldare la gelida aria della notte con i suoi raggi benefici. Generosa la stella più grande del nostro cielo, espandeva il suo tiepido calore fra le nubi colorandole di un rosa aranciato. La terra baciata dal sole si beava nel tepore dell'alba e si lasciava avvolgere dal tenue calore dei tiepidi raggi. Il sole ammirava la terra e come un pittore la dipingeva di colori che si accendevano al suo passaggio lieve di un giorno di primavera. Era una danza di sguardi senza precedenti, fra la stella più luminosa e il pianeta azzurro, denso di atmosfera. La notte incalzava e la terra si apprestava al torpore del sonno nel gelo della notte senza luce. Coraggioso il globo affrontava la notte da miliardi di anni e aveva imparato ad attendere fiducioso il nuovo giorno per incontrare l'amata stella e lasciarsi avolgere dal suo radioso manto. Dopo quel giorno di primavera così lieve e appassionato, il sole cominciò a roteare nel cielo e a danzare per l'amata terra e questa rimase stupita da tanta grazia. Non era più abitudine l'avvicendarsi del giorno e della notte, ma attesa e abbandono fiducioso. Il vortice della passione accendeva ogni giorno più il nucleo dei due ed il sole incorse in una tempesta che avvolse la terra con un bagliore sì intenso e colorato da lasciare stupita l'umanità intera. Il magma scoperchiò le vette dei vulcani e la terra s'accese tutta, anche di notte, in un delirio di luce. I due corpi s'intrecciarono fino ad essere confusi, non si distingueva il verde delle foreste o l'azzurro dei fiumi, nè il bianco dei poli e il colore eburneo della notte. C'era una luce diffusa e un bagliore accecante, che spaventò la terra riarsa la quale non si riconobbe. "Ti prego, mia stella, spegni i tuoi raggi furiosi, prima che io sia assorbita dal tuo generoso calore. Se non avrò la notte non sentirò il giorno che incalza, se non ci sarà il buio e il freddo, come potrò apprezzare il tuo calore, dove l'attesa di un novo giorno se mi avvolgi con il tuo impeto". Il sole l'amò ancor più, perchè prima di allora non aveva compreso le sue fragilità e allentò la presa dei suoi raggi travolgenti. Quale gesto d'amore più grande di quello di imparare a leggere nel cuore dell'altro, quale luce più avvolgente di quella tra due sguardi innamorati, qual dono più grande di quello di sè all'altro, nell'anima sempre candida e nel corpo segnato dalle ferite del tempo, ma che rinasce ogni giorno fra le braccia dell'amato.

domenica 21 febbraio 2016

Diluvio

Lidia era a casa quel pomeriggio d'inverno di fine Dicembre, leggeva un libro nella penombra della sala, gustando le parole della sua autrice preferita, in compagnia di se stessa e abbandonata alle emozioni della sua intimità. D'improvviso un tuono ruppe il silenzio e illuminò il cielo buio. Lidia non diede peso a quel fragore, una cortina la separava dal mondo, in quell'istante di solitudine che ella stessa si era concessa. Presto dovette fare i conti con il vento che strappava i panni dallo stendino e vinceva sulle mollette più deboli, scaraventando al suolo le magliette ancora umide. Posò il libro sul tavolino e si diresse verso il balcone, non prima di aver stretto la vestaglia sui fianchi per far fronte al freddo che s'intensificava nelle folate di vento. Raccolse i panni alla rinfusa e sistemò in un cesto proponendosi di rassettarli una volta rientrata nel tepore della sala. Così fece, ripiegò le maglie, gli slip, gli strofinacci per riporli sul calorifero e lasciar evaporare l'umidità. Girò la valvola del termostato su venti gradi e tornò alla sua postazione, sul divano, coprendosi le gambe con il plaid sul quale in precedenza aveva poggiato le gambe. Lieta di aver provveduto a quanto utile per ripristinare la perduta tranquillità, riprese a leggere il libro dalla pagina precedente, per recuperare il filo della trama del romanzo. Un tuono, più forte la fece sobbalzare e distolse nuovamente la sua attenzione. Lidia amava i temporali, e cominciò ad osservare il cielo, che, a tratti e con sempre maggiore intensità s'illuminava in lontananza. La pioggia cominciò a sbattere sui vetri della finestra del salone e Lidia si decise a fare un giro per casa per verificare che tutte le imposte fossero chiuse. Rassicurata tornò alla sua postazione e rimase incantata ad osservare le finestre, prima coperte da piccole gocce d'acqua riposte alla rinfusa, poi, velocemente, bagnate in modo più uniforme. "Che spettacolo", pensò, si sentiva al sicuro, nel tepore della sua abitazione, ad osservare quell'acquazzone che incalzava contro il suo terrazzo, "Quasi quasi mi preparo una bella tisana calda". Non fece in tempo ad esaudire questo suo desiderio, che l'acqua cominciò a penetrare sotto le imposte. "Mai successo prima", blaterò, mentre prese a dirigersi verso il bagno per raccogliere qualche asciugamano da riporre tra l'infisso e il pavimento. In quel frangente si accorse che dalla finestra del bagno, che si esponeva direttamente sulla strada, penetrava l'acqua senza inibizione di sorta e cadeva sul pavimento schizzando sui sanitari. "E ora, cosa faccio?". L'emozione provata pochi istanti prima si trasformò gradualmente in timore e poi in allerta, perché in pochi minuti si accorse di aver i piedi nell'acqua. Lidia non era preparata, non era mai successo prima che l'acqua entrasse in casa e i tuoni si susseguissero in maniera incessante e tale da coprire il rumore del vento. Tornò in sala e cercò di guardare fuori dalla finestra per accorgersi che l'acqua cadeva in modo torrenziale, a secchiate e s'infrangeva contro la sua finestra, quasi ad aprirla. Afferrò il cellulare e chiamò i vigili del fuoco per capire come ci si comportasse in queste evenienze, ma non riuscì a mettersi in contatto, le linee erano intasate. In meno di niente l'acqua le arrivò alle ginocchia e lei, che abitava al piano rialzato, intese che sarebbe stato opportuno uscire dall'abitazione. Raccolse le chiavi di casa e qualche oggetto di valore. Il suo cuore andò subito al romanzo, afferrò il libro, raccolse un paio di stivali dall'armadio, indossò l'impermeabile e afferrò la borsa, sentendo il cuore nelle orecchie e il respiro affannoso. Aprì la porta d'ingresso, lasciando entrare un fiume d'acqua, cercò di richiudere la porta, ma non ci riuscì, mentre l'acqua le era salita fino all'inguine e il freddo l'avvolgeva come una coperta di ghiaccio. Tremando tutta salì sul terrazzo dove incontrò i vicini di casa, sconvolti, infreddoliti, i bimbi piangevano e le mamme urlavano istericamente. Lei no, rifuggiva gli sguardi spaventati delle persone che incontrava e si spinse fino al muretto del terrazzo, sporgendosi per capire cosa stesse succedendo. Doveva essere esondato il fiume, e una corrente si dirigeva all'impazzata trascinando con sé auto, persone, rami, oggetti d'ogni sorta. Nessuna logica nei suoi pensieri, angoscia, paura, freddo, tutto quanto la spinse a guardare in alto: "Mio Dio, io e Te, ora, stringimi la mano, stringimi forte, fammi calore, parla al mio cuore, non lasciarmi, fammi sentire che ci sei, perdonami per tutte le volte che ti ho offeso, se hai deciso, vienimi a prendere, portami con Te, sì, ti prego, portami con Te!”. Le lacrime le coprivano il volto e questo la faceva sentire sollevata, riusciva finalmente a spingere fuori da sé un po' d'angoscia. Una mano l'afferrò violentemente e la spinse per terra, Lidia guardò con odio la donna che l'aveva urtata, per accorgersi, nell'immediato, che se la signora non l'avesse spostata, sarebbe stata colpita da un pezzo di cornicione che le si stava scagliando contro. Lidia tornò in sé e ringraziò la donna con un sorriso, chiedendole implicitamente scusa per lo sguardo d'odio che poc'anzi le aveva lanciato. Qualcuno aveva scelto la vita per lei, o forse il suo Dio aveva risposto alle sue preghiere. Lidia si guardò intorno, la pioggia aveva diminuito la sua intensità, anche se un fiume d'acqua scorreva ancora tra le strade. Ricordò di aver lasciato la porta d'ingresso aperta e comprese che in quel fiume si raccoglieva tutto quanto le appartenesse, aveva perso tutto, tranne il romanzo, fradicio, ma che ancora stringeva fra le mani. Ripensò a quel momento in cui si era seduta sul divano, con il libro sulle ginocchia, si sentiva ricca, piena, al sicuro, inconsapevole che quello fosse il momento di snodo fra il prima e il dopo. Ora alzò lo sguardo supplice al cielo e chiese a Dio perché non l'avesse presa con sé, le toccava ricominciare, ancora una volta. Dopo quel momento di rabbia, disperazione, Lidia comprese, che, per assurdo, ora era più ricca di prima, era sopravvissuta ad un'esperienza singolare, era nuda e spoglia, aveva perso tutto quello che la proteggeva, ma proprio per questo aveva avuto l'occasione di scoprire come fosse, senza orpelli. Era una persona fragile, incapace di far fronte alla paura, si era fatta prendere dal panico, ma aveva fatto l'unica cosa che l'avrebbe salvata, aveva chiesto aiuto al suo Dio. "Nulla sono, mio amor, nulla possiedo, non posso fregiarmi di altra virtù, che quella di avere Te. Non ho difese, né persone che dicano di me "mia": "mia sorella", "mia figlia", "mia moglie", "mia madre", ma il mio nome è scritto sul palmo della tua mano e io posso dire di avere Tutto e ringraziarti sempre, incessantemente, in ogni palpito del mio cuore, in ogni respiro e battito di ciglia".